L’effetto mesomerico

12 Dicembre 2008 commenta!

Dalla teoria del legame di valenza è possibile esprimere il concetto di risonanza, ossia la possibilità che una molecola ha di essere in continuo passaggio tra le diverse forme, dette formule limite. La molecola protagonista è un ibrido di risonanza fra le varie forme. Questo fenomeno si verifica per esempio per le molecole del benzene e del butadiene.
Alla luce della teoria degli orbitali la risonanza è spiegata con la delocalizzazione elettronica, secondo la quale esistono legami π estesi su più atomi. Questa interpretazione riesce a chiarire in modo soddisfacente anche l’effetto mesomerico, che consiste nello spostamento di elettroni tra atomi appartenenti a sistemi coniugati, anche quando questi sono distanti tra loro.
Ma cos’è un sistema coniugato?
Un sistema coniugato è un sistema costituito da coppie di legami π alternati a legami singoli. L’interazione tra i legami π porta a una parziale sovrapposizione degli orbitali p appartenenti ai due atomi di carbonio uniti con legame semplice, dando luogo alla delocalizzazione elettronica.
La delocalizzazione elettronica avviene anche quando ci sono atomi che presentano doppietti elettronici liberi uniti con doppi legami, come ad esempio il metil vinil etere.
Dato che l’effetto mesomerico provoca lo spostamento degli elettroni in posizioni preferenziali, è opportuno lo studio delle formule limite in risonanza per prevedere la reattività di una molecola. Gli atomi o i gruppi coniugati con un doppio legame possono interagire con esso in due modi diversi.
Abbiamo così due effetti mesomerici:

1) l’effetto mesomerico +M si realizza quando il gruppo cede gli elettroni al carbonio del doppio legame per risonanza;
2) l’effetto mesomerico – M si realizza quando gli elettroni vengono ceduti dal doppio legame al gruppo.

Bisogna infine tener presente che, al contrario dell’effetto induttivo, l’effetto mesomerico non ha limiti di trasmissione in un sistema coniugato.

L’effetto induttivo

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L’effetto induttivo indica la polarizzazione di un legame σ e di quelli vicini, da parte di atomi o gruppi che presentano elettronegatività diversa da quella dell’atomo di carbonio.
Una coppia di elettroni implicata in un legame covalente è più spostata verso l’atomo più elettronegativo, con conseguente polarizzazione  del legame.
I sostituenti del carbonio poco elettronegativi tendono ad allontanare gli elettroni , perciò l’atomo di carbonio diventa il protagonista della densità elettronica del legame. Ciò che i sostituenti del carbonio esercitano è detto effetto induttivo + I e viene indicato con con una freccia che indica lo spostamento degli elettroni verso l’atomo più elettronegativo.
I sostituenti con effetto induttivo + I possono essere di tre tipi:

1) gruppi alchilici, indicati genericamente con —R; la loro capacità di cedere elettroni varia nell’ordine seguente:

(CH3)3C—   >   (CH3)2CH—   >   CH3CH2—   >   CH3

2) i sostituenti con carica negativa:

—O¯, —S¯

3) metalli che formano un legame covalente con il carbonio:

—Li, —Mg

I sostituenti più elettronegativi, al contrario, tendono ad attrarre verso di sé gli elettroni di legame. In questo caso, si rileva una diminuzione di elettroni sull’atomo di  carbonio. Ciò che questi sostituenti esercitano è detto effetto induttivo -I.
I sostituenti con effetto induttivo -I possono essere di di verso tipo:

1) sostituenti neutri con atomi più elettronegativi dell’idrogeno

—F, —OR, —Cl, —Br, —I, —SR, —NR2

2) sostituenti con carica positiva integrale o parziale:

—NO2, —NR3+, —OH2+

3) atomi di carbonio con legami multipli.

L’effetto induttivo -I esercitato da atomi di carbonio che formano legami multipli dipende dalla maggiore elettronegatività che questi presentano verso gli atomi di carbonio uniti con legame semplice.
In una catena di atomi di carbonio la polarizzazione viene comunicata anche agli altri atomi post nelle vicinanze, diminuendo a mano a mano che ci si allontana dal legame e si fa sentire al massimo per tre legami.

Le reazioni organiche e i fattori determinanti

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I legami presenti nei composti organici sono molteplici: possono essere covalenti puri, come quelli tra C—C, lievemente polari, come quelli tra C—H, completamente polari, come quelli tra C—O, carbonio e alogeni o C—N.
E’ di grande importanza la polarizzazione degli elettroni, in quanto influenza la rottura dei legami che si verifica in qualsiasi rotazione chimica. Anche la parte della molecola vicina la legame che interessa la reazione ha spesso influenza decisiva sulla reattività della molecola stessa, poiché può condizionare il comportamento del legame.
Pertanto, è importante definire gli effetti elettronici dei vari gruppi, sia quelli dovuti all’elettronegatività, come l’effetto induttivo, sia quelli dovuti alla delocalizzazione elettronica, come l’effetto mesomerico.
Altri fattori influenti sullo svolgimento di una reazione sono la presenza di sostanze acide o basiche, la stabilità degli intermedi che si formano e il tipo di prodotti.

Molteplici centri di asimmetria: oltre gli antipodi ottici

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In un composto in cui sono presenti più atomi di carbonio asimmetrici si possono avere più coppie di enantiomeri. Dalla formula di Van’t Hoff si ricava che il numero complessivo di stereoisomeri dipende dal numero degli atomi di carbonio asimmetrici presenti nella molecola. La formula di Van’t Hoff è la seguente:

n° di stereoisomeri = 2n

dove n è il numero di C*.
Le coppie di enantiomeri possibili sono pari alla metà del numero di stereoisomeri.
Il composto 2-bromo-3clorobutano, ad esempio, avendo due stereocentri può esistere in 4 stereoisomeri.
Se si costruiscono i modelli molecolari dei quattro stereoisomeri sarà facile capire che le configurazioni a e a’ sono l’una l’immagine speculare dell’altra e non sono sovrapponibili, perciò dette enantiomere, come pure le configurazioni b e b’.
Le due configurazioni, però non sono enantiomere tra loro ma solo stereoisomeri, in quanto la configurazioni a e a’ non sono immagini speculari di b e b’, e viceversa.
Esse vengono dette diastereoisomeri o diasteromeri, perché non tutti gli stereoisomeri sono antipodi ottici.
Essi hanno una differente attività ottica perché hanno un diverso potere rotatorio; hanno diverse proprietà fisiche, quali il punto di fusione, il punto di ebollizione e la solubilità; mentre hanno simili, ma non identiche, proprietà chimiche. Queste differenze facilitano la separazione da una loro eventuale miscela.
Quando in una molecola sono presenti due atomi di carbonio asimmetrici ai quali sono legati gli stessi sostituenti, la situazione si presenta diversamente.
Qualsiasi molecola che possiede un piano di simmetria è detta forma meso.
E’ questo il caso particolare del composto 2,3-diclorobutano.
La molecola del 2,3-diclorobutano, avendo 2C* equivalenti, presenta soltanto tre stereoisomeri: due enantiomeri (a e a’ ) otticamente attivi e una meso (b) otticamente inattiva. La configurazione (b) in quanto capovolgendola sul piano del foglio risulta a essa sovrapponibile.
Ancora una volta con l’ausilio di modelli molecolari è possibile osservare che tale composto, pur presentando due stereocentri, risulta interamente un composto achirale in quanto, avendo nella sua molecola un piano di simmetria, risulta sovrapponibile alla sua immagine speculare.
In questo caso si dice che i due stereocentri annullano reciprocamente i loro contributi all’attività ottica rendendo il composto inattivo per una sorta di compensazione interna.

Il carbonio asimmetrico: la configurazione assoluta e le proiezioni di Fischer

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Per identificare due enantiomeri bisogna definire la loro configurazione assoluta, cioè stabilire la posizione spaziale dei gruppi legati al carbonio asimmetrico.
Convenzionalmente, le configurazioni rispettive vengono indicate con le lettere R (rectus) e S (sinister).
Per identificare la configurazione assoluta di un isomero bisogna:

– determinare, secondo le regole già note, le priorità dei quattro gruppi legati al carbonio asimmetrico che vengono numerati secondo l’ordine;
– osservare il centro asimmetrico della parte opposta del gruppo a priorità più bassa (4°), si verifica se, per passare dal 1° al 3° attraverso il 2°, bisogna procedere in senso orario o antiorario. Se bisogna procedere in senso orario vuol dire che ci si trova davanti a un isomero R, se, al contrario, bisogna procedere in senso antiorario vuol dire che ci si trova davanti a un isomero S.
Per evitare di rappresentare le formule con la struttura tridimensionale, si può fare uso della rappresentazione bidimensionale, la quale risulta essere più semplice e schematica, messa a punto da E. Fischer.
Per scrivere la formula si traccia una croce il cui centro rappresenta l’atomo di C*, e si dispongono all’estremità delle braccia i quattro gruppi. In questo modo si ottiene la proiezione sul piano della carta di una struttura tridimensionale.
Convenzionalmente, le linee orizzontali rappresentano i legami che escono dal piano del foglio verso chi li guarda, mentre le linee verticali rappresentano i legami che si allontanano dall’osservatore, cioè i legami sono il piano del foglio.
Una qualsiasi proiezione di Fischer può essere ruotata se vengono rispettate determinate regole. Ad esempio, la proiezione dell’acido R-lattico può essere ruotata di 180° e rappresenta ancora la molecola iniziale; se invece è ruotata di 90° non rappresenta più la molecola iniziale ma il suo enantiomero.
Se un gruppo viene mantenuto in posizione immobile e vengono invece ruotati gli altri tre, la proiezione che si ottiene rappresenta ancora la molecola iniziale.
Per stabilire le configurazioni R ed S con le formule di Fischer è necessario porre il gruppo  a minore priorità in basso o in alto, e poi determinare il senso orario o antiorario secondo cui si succedono i tre gruppi restanti in base alle regole di priorità.

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